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29.12.05

Postato da un Laureato in scienze nautiche

Un'Opinione di Spaziale su Scienze Nautiche (8 Dicembre 2004)La valutazione di questo autore:
Disponibilità dei professori
sufficiente
Preparazione dei professori
insufficiente
Organizzazione
insufficiente
Vantaggi:
NESSUNO

TANTISSIMI, SICURAMENTE L'ASSENZA DI UNA DOMANDA DI LAUREATI IN SCIENZE NAUTICHE LO RENDE UN CORSO DI LAUREA INUTILE E ANTIQUATO

Opinione completa
Nel marzo del 2002 mi sono laureato in Scienze Nautiche con 110/110 e lode presso la Facoltà di Scienze e Tecnologie (già Facoltà di Scienze Nautiche) dell’Università “Parthenope” di Napoli, cdL unico nel suo genere e che proprio per questo credevo mi avrebbe potuto offrire una preparazione specialistica in determinati contesti lavorativi, facilitando la transizione nel mondo del lavoro. Invece…Voglio premettere che all’inizio della mia carriera universitaria mi ero iscritto alla facoltà di Ingegneria della Federico II e, dopo aver sostenuto quasi interamente il biennio in tre anni ma con buoni voti, decisi di cambiare facoltà. Così passai alla Facoltà di Scienze Nautiche, non senza parlare con la presidenza, con la segreteria e con alcuni docenti che mi elencarono una serie di sbocchi professionali nel quale il dottore in scienze nautiche avrebbe trovato sicuro impiego. Io mi fidai. Inizialmente fui colpito dal rapporto che i docenti instauravano con gli studenti (le lezioni avevano un massimo di 12 studenti); in quel modo avremmo appreso sicuramente tutto quello che il docente poteva trasmetterci. Gli esami, flessibili nelle date non erano le esecuzioni pubbliche dove gli studenti venivano flagellati anche sei alla volta. No, alla facoltà di scienze nautiche gli esami erano un tranquillo colloquio nell’ufficio del professore (il più della volte), e quando si era in tanti, cioè una decina, si andava in una auletta leggermente più grande. L’esame poteva durare anche tanto visto che si era in pochi e questo, pensai, doveva essere un ottimo metodo per valutare la preparazione dello studente nella sua interezza.Ma i primi dubbi sorsero nello studiare tanti esami così diversi tra loro che sembra difficile immaginare che appartengano ad un unico corso di laurea. A parte il biennio che è uguale a quello di ingegneria, il triennio si articola in maniera così assurda che qualcuno, una volta, osò definire i laureati in scienze nautiche dei “tuttologi”, a me sembra invece che sappiano di tutto un po’, che è leggermente diverso. Ma entriamo nel merito di questo piano di studi multidisciplinare. Dicevo che il triennio, una volta deciso uno dei tre indirizzi (nel vecchio ordinamento c’erano quello geodetico, radioelettronico e oceanografico/meteorologico), contiene molti esami di raggruppamenti disciplinari diversi, appartenenti alle categorie:1) ingegneria aeronautica/navale (meccanica del volo, navigazione aerea, architettura navale, navigazione marittima, manovrabilità della nave)2) ingegneria elettronica/telecomunicazioni (campi elettromagnetici, comunicazioni elettriche, teoria dei sistemi, navigazione radioelettronica)3) ingegneria civile (topografia, cartografia, geodesia, fotogrammetria)4) fisico/matematica (matematica applicata, meteorologia, oceanografia, astronomia, geofisica)Questa tale confusione rende il corso di laurea in Scienze Nautiche il primo a confermare un famoso e antico detto: “né carne e né pesce”!Con la nuova riforma del 3+2, un po’ la situazione è migliorata, l’indirizzo radioelettronico è scomparso e tutti i docenti hanno deciso di fare un cdL in ingegneria delle telecomunicazioni, (facendo nascere dal nulla una facoltà di ingegneria) il percorso oceanografico/meteorologico è divenuta un cdL ad hoc di oceanografia e meteorologia (almeno con una sua identità) mentre quello geodetico è rimasto scienze nautiche, che riserverà un futuro da disoccupato anche per i nuovi iscritti.Ritornando alla mia storia, dopo essermi laureato ho dovuto assolvere i miei obblighi di leva, ma l’ho voluto fare da Ufficiale di Complemento, sicuramente un esperienza più gratificante della leva semplice. Durante questo periodo, approfittando del poco tempo libero, impiegato per lo più ad inviare curriculum a destra e a manca, ho fatto una decina di colloqui di lavoro per aziende del settore ingegneristico e scientifico. Mi sembra superfluo dire che in tutti i colloqui l’80% del tempo era impiegato per spiegare cosa si studiasse a Scienze Nautiche e il 100% delle volte mi veniva detto che non ero la figura professionale da loro cercata! Solo i concorsi pubblici sembrano non badare alla natura distorta di questa laurea, in effetti c’è un Decreto Ministeriale (il D.M. 21.12.98 G.U. 30.1.99), anch’esso ingannevole (perché non specifica la compresenza delle lauree), che stabilisce l’equipollenza della laurea in Scienze Nautiche con la laurea in Matematica, Fisica ed Ingegneria!!! Che è assurdo soltanto a pensarla una cosa del genere, figuriamoci a farci un decreto ministeriale!!! Comunque non si è mai capito cosa significasse questa equipollenza anche perché nei concorsi pubblici, per evitare ricorsi al TAR, spesso sono incluse anche lauree molto più improbabili di quella in scienze nautiche!Mi sembra singolare raccontare il colloquio per un assunzione in una nota azienda. A febbraio del 2003 circa, fui contattato da una società di selezione del personale, fui selezionato prima attraverso una serie di test psico-attitudinali, (nessun problema per chi è risultato uno dei primi in occasione del concorso AUC), subito dopo, una prova d’inglese e un colloquio di gruppo che passai entrambi. Al momento cruciale, contratto interinale per due anni alla mano, la società di selezione mi dice: “no, ci dispiace in azienda ci hanno fatto sapere che lei è non è la figura professionale che stiamo cercando” perché scienze nautiche secondo loro non garantisce una predisposizione all’apprendimento come invece avrebbe garantito la laurea in Ingegneria! Mi rendo conto che il responsabile di una tale selezione non sia esattamente la persona più capace della terra, ma lui si attiene semplicemente alle direttive aziendali, credo, e sinceramente penso che non abbia neanche il potere di decidere al di fuori di tali schemi.Dunque, congedatomi da ufficiale di complemento presso un centro di ricerca militare, ho lavorato per 4 mesi a Roma per una società con cui avevo fatto la tesi di laurea, non per una convenzione quadro tra Università e Azienda (non penso che ne conoscano il significato, loro credono che le convenzioni quadro si appendano alle pareti), ma solo perché il mio relatore conosceva una persona in questa azienda. Ovviamente nessun riconoscimento di stage presso questa nota azienda; ero l’unico a trovarsi li in condizioni ufficiose. Così la mia prima esperienza lavorativa con un contratto di lavoro a progetto, termina, e dopo un bel “grazie, ottimo lavoro”, mi sono ritrovato disoccupato. Intanto il referente aziendale che è una persona competente e preparata ma purtroppo non è il responsabile delle assunzioni, ne tanto meno un ufficio di collocamento, mi consiglia di fare il concorso per il dottorato nella mia facoltà perché una borsa di studio è meglio di niente. Faccio il concorso, lo vinco con borsa e intraprendo questa nuova strada. E qui viene il naturale prolungamento di un percorso di studi senza via di uscita.Non mi sono mai chiesto cosa fosse un dottorato e cosa si facesse, alcuni miei ex colleghi ingegneri avevano intrapreso questa strada e avevano fatto in un solo anno cose interessanti: estero, laboratori di ricerca, convegni, conferenze, pubblicazioni. Il mio sgomento iniziale dovuto al fatto di trovarmi là, non per mia scelta, ma perché non avevo scelta, sembrò scomparire all’idea che il dottorato mi avrebbe aperto nuove porte, che avrebbe fatto aumentare il numero dei miei contatti professionali e che sarebbe dovuto trattarsi per forza di un’esperienza importante visto che molti studenti avrebbero dato il sangue per fare un dottorato. A quanto pare, il dottorato è oggi il mezzo più potente per intraprendere la carriera universitaria, ma consentitemi di dirlo, solo quella. Il tentativo del ministro Treu di agevolare fiscalmente le aziende che assumevano dottorati è nato ma poi finito insieme al suo governo. Ma andiamo avanti. Sistemato in una stanza, ho trascorso giornate in compagnia del mio pc portatile chiedendomi quando iniziasse il dottorato, quando mi avrebbero dato qualche articolo da studiare, qualche software o strumento da testare, qualche convegno o seminario o conferenza o corso da seguire, qualche argomento da approfondire. La risposta era nel silenzio di una stanza popolata da milioni di acari alloggiati comodamente su strumenti che dovrebbero stare in un museo piuttosto che in ufficio. Quando ho provato a chiedere, mi sono sentito rispondere che per assenza di fondi, tutto quello che l’università mi può dare è soltanto il corrispettivo della borsa. Ho provato a contattare l’associazione dei dottorandi e dottorati d’Italia, l’ADI, scrivendo una mail in un newsgroup nella quale chiedevo se il dottorato fosse così ovunque: non mi hanno pubblicato l’email, non mi hanno neanche detto il perché, io volevo solo confrontarmi, niente di più. Ho letto che in alcune università come il Politecnico di Torino, Milano e Bari, il dottorato si sviluppo in una vera e propria scuola di dottorato con corsi del I, II e III anno fatti dalle massime figure scientifiche nel settore, negli argomenti più attuali della ricerca.Insomma, questa è la mia storia, non vorrei che restasse un delirio di uno studente che vuole studiare o se vogliamo di un laureato che vuole lavorare (io rientro in tutte e due le categorie), vorrei solo sensibilizzare gli studenti ad informarsi molto bene prima di iscriversi ad un corso di laurea se non si è a conoscenza di tutto, ma proprio tutto.Io non sono contrario a chi voglia intraprendere questo corso di laurea perché è affascinato dalle materie in esso contenute, ognuno ha il diritto di approfondire ciò che ritiene più opportuno ma non trovo giusto che il Ministero dell’Università e della Ricerca consenta alcuni corsi di laurea che alimentano un mercato inesistente di risorse laureate. Che io sappia, la maggior parte dei miei colleghi insegna negli istituti nautici (da precari), il resto svolge attività per cui la laurea non è neanche necessaria.

2 Comments:

  • Caro blogger,
    devo ammettere che e' cio' che scrivi e' vero in tanti aspetti.
    Naturalmente ci sono le eccezioni che confermano la regola.
    Molti dei laureati in Scienze Nautiche insegnano, altri lavorano presso compagnie tra ingegneri, alcuni anche in qualita' di ingegneri, altri come scienziati.

    Io sono uno di questi, laureato il 15/12/2000 con il vecchio ordinamento quando c'erano ancora i 3 indirizzi (Navigazione Radio-Elettronica, Geodetico ed Oceanografico) e come te anche io ho dato ed ottenuto il massimo nell'ambito accademico.
    Ho dovuto costruire personalmente quel ponte tra universita' ed impresa che l'Universita' dovrebbe costruire. Tuttavia mi sono stati consegnati i mattoni+cemento ed ho utilizzato una borsa di studio Socrates per fare ricerca presso un prestigioso centro internazionale ri Ricerca e Sviluppo (Eurocontrol-Parigi). Quella borsa di studio mi ha aperto le porte ad un proseguimento della stessa attivita' in qualita' di ingegnere per 5 anni presso lo stesso centro. Ho ottenuto infatti l'equipollenza francese di una laurea in ingegneria della navigazione aerea semplicemente elencando la lista d'esami sostenuti.
    Fuori Italia cio' che conta non e' tanto chi sei, ma cosa sei in grado di fare. In Italia se fai lo stesso lavoro di un ingegnere ma non hai il pezzo di carta con su scritto "ingegnere" nessuno ti considera tale.

    Dopo 5 anni mi si sono aperte poi diverse strade, tra cui anche quella di partecipare al progetto Galileo (sistema europeo di navigazione satellitare che presto dovrebbe sostituire il GPS americano) presso l'European Space Agency (Olanda).
    Forte di un approfondimento della statistica applicata ho scelto una strada diversa, lasciando l'ingegneria ed abbracciando il campo appunto della analisi statistica fino ad entrare addirittura tra gli anlalisti dei mercati finanziari e sviluppare modelli analitici del mercato (Londra).

    Questo per dirti che per chi e' animato (come molti di noi) di buona volonta', le strade sono aperte. Soprattutto fuori Italia.
    L'Italia perde cervelli perche' non sa come gestirli.
    Il tuo e' un caso esemplare ma come te se ne contano tanti di scienziati "costretti" a lasciare il proprio Paese per la stessa ragione.
    L'Universita' e le imprese non sono in grado di riconoscere e sfruttare cio' che tu sei capace di fare.
    Il problema e' di fondo. C'e' tanto ancora da cambiare.
    Ma ci sono paesi nell'UE dove tali barriere sono state rotte, in prima fila la GB dove attualmente risiedo e lavoro con buone prospettive professionali.

    In bocca al lupo,
    Manuel
    (emughini@yahoo.com)

    By Anonymous Anonymous, at 1:29 PM  

  • ciao caro manuel.
    un saluto

    By Anonymous Anonymous, at 11:17 AM  

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